mercoledì 14 febbraio 2007

Maschi a digiuno

L'ANORESSIA dilaga tra gli uomini.

di Ambra Radaelli

Su dieci persone sofferenti di bulimia e anoressia, una è maschio: lo affermano dati della Fondazione istituto neurologico Casimiro Mondino di Pavia. Un fenomeno, dunque, tutt'altro che marginale, ma di cui si continua a parlare poco. Ne è ben consapevole Arnold E. Andersen, direttore del Programma sui disordini alimentari del dipartimento di Psichiatria della facoltà di Medicina dell'Università dello Iowa, incontrato in occasione del convegno Anoressia e bulimia nervosa: prospettive per un approccio terapeutico integrato, organizzato dall'Università degli Studi di Pavia, da quella dell'Insubria, dalla Fondazione Mondino e dal Centro di psicoterapia dell'età evolutiva Istituto Dosso Verde, sempre di Pavia. Professore, come è stata considerata l'anoressia maschile nella storia della medicina? "Nel 1694, Morton descrive per la prima volta la patologia nell'uomo. Casi sporadici vengono poi osservati da Whytt (1764), Willan (1790), Gull (1873). Il maschio esce dal quadro alla fine del 1800, quando si pensa che l'anoressia sia una conseguenza del parto. Anche secondo la psicanalisi, che si sviluppa nella prima metà del 1900, essa è caratteristica delle donne, mentre Bruch, un po' più avanti, sostiene che i casi maschili sono "atipici". L'inclusione degli uomini negli studi comincia negli anni '60. Per bulimia e binge-eating (abbuffate senza vomito indotto, ndr), la descrizione è piuttosto recente (Dorr Zegers, 1972; Russell, 1979)". Tuttora, nei maschi, i disturbi alimentari sono sottostimati? "Sicuramente. La diagnosi è più difficile perché si basa su criteri di comportamento, e non su sintomi precisi, come l'amenorrea femminile. Parimenti, i test sono tarati sulle femmine, per cui non catturano appieno la sofferenza maschile. Infine i pazienti si vergognano, si sentono in colpa, non vogliono ammettere di soffrire di una malattia ritenuta tipica di donne o gay, e sono diffidenti verso le terapie. Così, pochi si rivolgono al medico". Si possono quantificare i casi di disordini del comportamento alimentare tra gli uomini? "Probabilmente sono in aumento, ma dare cifre è difficile, sia per la complessità della sindrome, sia, appunto, per la tendenza a sottostimarla nei maschi. Mentre in passato si pensava a un malato ogni 10 o addirittura 20 donne, adesso, secondo i recenti dati dell'Università di Toronto, il rapporto è di 1:2 per l'anoressia e di 1:3 per la bulimia". A cosa è dovuta l'incidenza dei disordini alimentari nei pazienti di sesso maschile? "Sappiamo che le ragazze sono sottoposte a una tremenda pressione affinché dimagriscano. Ma anche l'immagine suggerita all'uomo sta diventando sempre più normativa. Ha presente la coppia Arnold Schwarzenegger-Maria Shriver? Ecco, così dovremmo essere: lui un armadio, lei molto esile. Un ideale irraggiungibile anche per il maschio: per diventare muscolosi come certi modelli (quelli dell'inserto centrale di Playgirl hanno sempre più massa muscolare e sempre meno massa grassa), servirebbe una mutazione genetica. Poi ci sono fattori specifici che spingono a iniziare una dieta: evitare i motteggi sul proprio aspetto fisico, migliorare le performance sportive, prevenire le malattie paterne come l'ipertensione o il diabete, essere più appetibili sul mercato delle relazioni omosessuali. Non si può parlare di influenza di siti pro-anoressia, che restano diretti alle donne, ma delle cosiddette overvalued beliefs (credenze sopravvalutate), ovvero norme culturali ampiamente condivise che, in una piccola percentuale della popolazione, creano passioni sovrane e coinvolgimento emozionale, dominando la vita cognitiva e portando a comportamenti rischiosi, per sé o per gli altri. Sicuramente, nell'anoressia giocano fattori neurobiologici. Invece, possiamo affermare che la bulimia ha cause essenzialmente socioculturali". Chi è l'anoressico? "È un soggetto geneticamente predisposto a perseverare, anche verso un obiettivo sbagliato. È il bambino che fa sport, cui l'allenatore suggerisce di perdere un po' di peso; comincia la dieta e non riesce più a fermarsi. È il giovane fotomodello che vuole mettere in evidenza gli zigomi, e dimagrisce di cinque chili in una settimana. Questi soggetti sviluppano una sorta di fobia verso il peso normale. Perché il centro della loro vita è il raggiungimento dell'obiettivo, la performance che regala l'ammirazione altrui, e che tacita l'ansia e l'insicurezza. L'anoressia regala soluzioni a breve termine a un problema annoso, la ricerca dell'identità. Lo stesso vale per le abbuffate: danno un sollievo temporaneo a un dolore emotivo. Va poi detto che, quando si è abituati a quantità minime di cibo, se si riprende ad alimentarsi normalmente si sta male. Quindi c'è anche la scusa: "Vedete? Non posso mangiare". Non sembra sussistere, invece, una correlazione con il livello socioeconomico, benché chi appartiene alle classi più alte tenda a curarsi prima, e alcune professioni siano più a rischio: i wrestler, i giocatori di football, i corridori, i modelli, gli assistenti di volo, i ballerini, chi lavora nei media. Passando all'identikit familiare, chi soffre di disordini alimentari ha in genere un padre assente o ipercritico, incapace di gesti di affetto. Le madri, invece, sono passive, restano sullo sfondo. Infine, un'osservazione che riguarda l'età: non pochi hanno i primi sintomi dei disturbi alimentari a 40 o 50 anni. Il rischio è presente ogni volta che si desidera essere più magri e muscolosi, magari perché si ha un nuovo lavoro o una nuova storia d'amore". Quanto gioca l'identità sessuale e il rapporto con l'eros? "L'anoressia maschile, come quella femminile, è il tentativo di conservare un corpo prepubere. Chi ne soffre rifiuta i cambiamenti fisici ed emotivi portati dall'adolescenza. Più che il sesso, si teme il mutamento. Restando bambini, si ha l'illusione di conservare il controllo sulla propria vita. Parlando di adulti: è vero che l'anoressia coinvolge i gay quattro volte più degli eterosessuali, perché gli standard di bellezza in quell'ambiente sono più severi. Ma le cose stanno cambiando. Negli anni '60 etero e gay erano due poli ben distinti. Oggi, per l'uomo, c'è tutto uno spettro di possibili identità, che comprende anche il metrosexual, l'amante delle donne che cura moltissimo il proprio aspetto, si tinge i capelli, sceglie gli abiti con cura. Esempi? David Beckham, Brad Pitt. Ciascuna identità corrisponde a un'immagine corporea. Tutte, però, ruotano attorno a un'accresciuta muscolarità e all'assenza di grasso visibile". E quindi, via con la palestra e le diete... "Gli uomini desiderano un cambiamento di forma, più che il dimagrimento, sognato invece dalle donne. Questo spiega anzitutto la reverse anorexia, che è tipica del maschio e consiste nella ricerca ossessiva di un aumento di massa, con estenuanti sedute di body building, e in secondo luogo le difficoltà a far emergere il fenomeno: l'uomo ha sintomi meno evidenti perché l'immagine richiesta è più adattiva dal punto di vista evoluzionistico (maggiore forza), al contrario di quella femminile (compromissione della fertilità). Solo all'inizio degli anni '80 gli uomini hanno imitato la corsa al dimagrimento delle donne, ma per poco tempo; in quegli anni, infatti, nella mentalità comune l'eccessiva magrezza era associata all'Aids". L'anoressia si sviluppa diversamente a seconda del sesso? "Nei maschi tutto accade dopo: iniziano a sentirsi grassi, intraprendono una dieta, vanno in clinica per curare i disturbi più tardi. Il rapporto uomini-donne per quanto riguarda l'ospedalizzazione è di 1:5. I maschi soffrono di una osteoporosi più grave. Contrariamente alle donne, poi, l'anoressico non è mai soddisfatto della propria anoressia. E la vergogna e la poca stima di sé lo porta ad abusare di alcol e droghe (mentre non è stata osservata una differenza significativa tra i generi per quanto riguarda ansia e depressione). Infine, il calo di testosterone che si accompagna a quello del peso compromette le funzioni sessuali. Per fortuna, tutte le conseguenze dell'anoressia sono reversibili". Quali soluzioni al problema? "Quando le donne smettono di vedere l'immagine come fine, e iniziano a considerarla un mezzo, abbandonano l'eccessivo controllo del peso. La parola chiave è consapevolezza: quindi, anzitutto fare informazione nelle scuole. Anche per i ragazzi". Come si svolge la terapia dell'uomo anoressico? "Quando il problema è molto grave, e il calo di peso importante, non è diversa da quella della donna. Poi, quando il malato recupera l'85% del peso normale, il livello di testosterone si normalizza e ricominciano le erezioni. L'uomo si interroga sulla propria identità sessuale, sulla relazione con il padre (e qui sottolineo l'importanza di portare i padri nei gruppi di pazienti), sulla professione, su un possibile rapporto con una donna. È importante offrire gruppi e attività solo maschili, dove i pazienti si sentano a proprio agio nell'affrontare gli argomenti più difficili. Anche i test si stanno evolvendo: finalmente ne esistono di specifici per lui".